Essiri tuttu fàuci e cutieddu
(Essere tutto falce e coltello)
A parole, e non nella realtà, essere qualcuno; essere borioso, spaccone.
(Se vuoi la fortuna, fai la puttanella)
Non necessariamente il detto si associa a questa considerazione.
In genere si riferisce alla ragazza che, pur essendo onesta, è riuscita con abilità nell’intento di accaparrarsi un giovane ben posizionato economicamente.
(I morti sono testa con testa e i vivi fanno cocci)
Usato al femminile plurale “Resta” indica cocci di vasellame di terracotta, detti in antico vasi di resta, pignati i resta ecc.
In senso lato il vocabolo sta per Rottame.
Questo modo di dire intende che i morti ormai sono deposti vicini fra loro nelle tombe, e gli eredi contrastano per l’eredità, prima ancor di piangere il grave lutto.
(Cricco e Crocco, manici di fiasco)
Due amiconi che si somigliano nelle azioni.
In modo proverbiale vuole evidenziare non la somiglianza, ma l’identico comportamento di individui grulli. Non si esclude però la loro furberia e persino la loro ribalderia. In certo modo si riporta al detto latino: Asinus asinum fricat (letteralmente significa: asino gratta asino).
(il fabbricante di brocche attacca il manico alla brocca dove vuole)
Anticamente le brocche si facevano con la creta; il primo manico veniva messo dall’operaio a piacimento.
Il senso è che una persona cavillosa trova sempre un buon pretesto per darsi sempre ragione; ma può farlo solo una prima volta.
(Il sole di marzo toglie la ruggine dal catenaccio)
Non che il sole tolga materialmente la ruggine, ma a marzo cominciano le belle giornate e si sfrutta l’occasione per tenere aperti le finestre affinchè il sole più caldo vi penetri maggiormente.
Al detto si suole dare generalmente il significato proprio, cioè l’osservazione astrofisica; più raramente si estende, rivolto alle persone, come ad invogliarle ad approfittare dell’inizio delle belle giornate per cominciare lavori che con la brutta stagione non si è potuto fare.
(Sant’Antonio non ha bisogno dei maiali)
Sant’Antonio è protettore degli animali, che a lui venivano condotti annualmente per la benedizione.
Suole dirlo chi, dopo aver chiesto l’aiuto di un amico per un certo lavoro o cortesia, è stato lasciato da solo. In tal maniera fa sapere all’amico scortese che anche da solo è riuscito a far tutto ed anche meglio.
(da dove vengo, vengo dal mulino)
Chi ritornava dal mulino, allora ad acqua, sicuramente doveva avere con se un pesante carico di farina.
In senso figurato chi si è saziato di dare botte, sicuramente, ne avrà date tante, con ragione, da costituire un bel carico come quello rappresentato da un grosso sacco di farina.
(L’asino li trasporta e l’asino se li mangia)
L’asino trasporta nella stalla la paglia che mangerà poi durante l’inverno. Il proverbio è usato analogicamente per rimarcare il momento in cui un tale, andando a far visita ad un amico, mangia tutto ciò che aveva portato in dono.
Francesca era una povera ragazza che viveva facendo servigi. Abitava nel cortile della Madonna delle Grazie. Suo padre e sua madre si adattavano al primo lavoro che capitava: una volta a raccogliere carrube, una volta a raccogliere olive, una volta a vendemmiare; insomma il lavoro non mancava loro mai: se lo sapevano scovare, e benché fossero poveri, di fronte alla società non sfiguravano mai. La verità è che tutti li cercavano perché con niente se li toglievano di dosso.
Pazienza, la figlia era un pò grulla, però non pensate che fosse stupida; sempliciotta sì, questo dobbiamo ammetterlo; ma tuttavia, con i servigi che faceva, qualcosina a casa portava.
Paolo invece, passava il tempo lavorando in campagna: una volta in un posto, una volta in un altro posto, fatto sta che, per coscienza, in paese non si vedeva mai.
Come giovane, in fin dei conti, non è che gli si potevano imputare pecche; la gioventù l’aveva. Magro sì… ma…un pochino. Certo, non era perfetto di mente, però le persone non ci facevano caso: quando lo richiedevano stavano sempre a controllarlo. Continue reading »
Il Libro dei Racconti è un inedito scritto da mio padre, che non fece in tempo a pubblicare perché nel mentre venne a mancare, e per il quale avevo fatto alcuni disegni da inserire in ogni racconto. Era scritto in galloitalico minore parlato a Ferla, antico dialetto tuttora in essere in forma simile a quella originaria in alcuni paesi della Sicilia centrale ed orientale, particolarmente a Piazza Armerina, Aidone, S.Fratello, Nicosia e Sperlinga, diffusosi al tempo della dominazione Normanna e Lombarda nel XIII secolo, per cui conserva specialmente nella fonetica, un substrato gallo-celtico tipico del parlare dell’Italia settentrionale, zona Piemonte e l’entroterra ligure di ponente, della Provenza e della Bretagna. A Ferla fu portato dagli abitanti di Piazza Armerina discendenti dai Lombardi che la fondarono e a lungo vi risiedettero, ma nel tempo fu influenzato dalle successive dominazioni che si susseguirono a Ferla, fra i quali il catalano, che nei secoli ha portato il dialetto ferlese più vicino al parlare siciliano.
Io, di tanto in tanto, cercherò di inserire uno dei disegni che avevo fatto a suo tempo nella sezione “Racconti” e una storia illustrata a fumetti e il testo tradotto in italiano di alcuni racconti nella sezione “Articoli”; pubblicherò il testo in Italiano perché ritengo che sia alquanto ostico, anche per un siciliano, poter comprendere alla perfezione il testo in originale scritto in galloitalico.
(Essere come un accoccolato)
E’ rivolto a chi d’inverno se ne sta tutto incappottato e rintanato in un angolo per il freddo. Chi patisce il freddo fino a battere i denti, nonostante si copra di tutto punto.
Si suol dire ciò anche dei pulcini che dopo i primi giorni di vita si ritrovano all’ombra e lontani dalla chioccia.
(I guai della pentola li sa solo il mestolo che li rimescola)
Solo chi e addentro un dato problema può immedesimarsi, mentre dal di fuori si riesce appena a giudicar male. E’ da persona assennata quindi non immischiarsi mai nelle faccende degli altri, specialmente quando non si è stati messi a conoscenza direttamente dall’interessato. Non è difficile incorrere in grossolani errori e le cose possono essere ben diverse da come si mostrano.
(Proprio quando ero riuscito a fare un dolce, gli cadde sopra la pietra che chiudeva il forno)
Si dice in tono di velato rimprovero verso chi nella vita non si è mai sognato di lavorare, e, proprio quella volta che intraprendono un lavoro, lo cominciano male e attribuiscono ad evwenti estranei o ad altri la cattiva riuscita, nel caso specifico alla caduta della pietra che chiudeva il forno.
“Lollu” è un tipo di dolce costituito da pasta, bagnata nello zucchero o nel cioccolato dopo la cottura.
(Fare d’ogni erba un fascio)
In senso figurato sta ad indicare “ammucchiare ogni tipo di erba senza selezionarla” quindi mischiando cose diverse; riferito a persone vuol denunciare la faciloneria con cui si giudica tutti allo stesso modo, come se ogni persona fosse dello stesso stampo morale di un’altra o avesse le stesse doti.
(Rovo)
In senso figurative detto di persone snelle e alte. In senso dispregiativo di chi è “appiccicoso” di chi si lega ad un’altra persona fino ad essere oppressivo, ossessivo, invadente.
Altri intendono questo modo di dire nel senso di una persona che vive alle spalle del lavoro degli altri senza collaborare.
(Alcune volte dura di più una brocca lesionata anziché una nuova)
Non si riferisce alla lesione reale di una brocca, ma alle condizioni di salute di una persona.
Il detto si rivolge per incoraggiamento verso chi è preoccupato per la grave malattia superata, e vuole dire che in pratica non conta il male avuto, ma la maniera soddisfacente in cui si è riusciti a debellarlo.
A volte, anche per una fatalità, può accadere che una persona sana abbia una disgrazia e rimetterci la vita, e una persona malandata in salute duri tanti anni più a lungo.
(O me la date, o ma la prendo, o la porto via dal cortile)
Letteralmente è riferito ad un giovane pretendente che insiste per avere in sposa una fanciulla o con le buone o con le cattive maniere.
Qui si vuole rimarcare l’insistenza di colui che ad ogni costo intende ottenere una qualsiasi cosa.
(Il cesto se non si riempie si bagna)
Un cesto che è fuori mentre sta piovendo, se più o meno pieno, rimane poco o molto inzuppato. Allo stesso modo una falsa notizia, anche se da un canto non viene accettata come vera dalle persone, tuttavia lascia nell’animo il sospetto che almeno in parte possa avere un fondamento di verità. Da ciò si deduce che una calunnia è sempre pericolosa e produce in ogni caso effetti negativi
Dice l’Ariosto: “La notizia in un baleno si diffonde ché tosto, o buona o ria, che fama esce fuor d’una bocca, in infinito cresce”.
(Chi da un asino riesce a farne un mulo, i primi calci sono suoi)
E’ una costatazione di tutti i giorni.
Colui che con sacrifici riesce a sollevare una persona socialmente ed economicamente, verrà da costei avversato alla prima occasione.
Una mancanza di riconoscenza.
(Monte con monte non si incontrano mai, ma le persone del mondo si)
Solo i monti non hanno la possibilità di incontrarsi, ma le persone si.
E’ un proverbio molto diffuso. Si può interpretare sia dal lato negativo, di chi ha avuto torti o problemi con altri o li ha fatti e poi dopo tanto tempo inaspettatamente si ritrova davanti quella persona, o interpretandolo positivamente come il rincontrarsi dopo tanto tempo e inaspettatamente con una persona cara o con un amico dei quali si erano persi i contatti.
(La scopa nuova, fa rumore)
Non viene detto nel senso materiale, ma figurato.
Rivela la posizione di chi per la prima volta assume il comando di un incarico. Inizialmente apporterà sicuramente qualche cambiamento anche se non proprio necessario, ma solo per far sentire con tal gesto l’acquistata autorità.
(Ciò che basta a uno basta a cento)
Riferito principalmente a cibo, del genere “aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più” e si può associare ad un altro proverbio dal significato simile ” U picca m’abbasta l’assai m’assupecchia” (il poco mi basta il troppo mi avanza).
Detto anche quando si può essere solidali verso un amico
(farsi mangiare dal sudiciume)
Principalmente malanni e disgrazie possono ridurre in questo miserando stato; ma in questo proverbio si considera più il caso del fannullone, dell’infigardo che potrebbe, volendo, sollevarsi da quel triste stato e solo per sua colpa vi affonda non riuscendo più a tirarsene fuori.
(Non può contro la botte e se la prende con la cannella)
A Ferla Timpagnu più che il fondo della botte è la cannella da dove si fa fuoruscire il vino.
Il senso è che una persona in genere quando ha la forza di prendersela direttamente con il responsabile ritenuto autorevole o forte, si sfoga con un altro che probabilmente non c’entra, solo perché più debole e non sa o non può reagire.
(campa asino mio fino a paglia nuova)
Si dice di colui che attende con ansia il realizzarsi di una promessa o gratifica, che però non si concretizzerà mai.
Altrove è presentato in forma diversa e per certi versi anche in italiano il “Campa cavallo che l’erba cresce” assume simile significato, vale a dire che il cavallo sopravviverà a condizione che cresca l’erba per nutrirsi. Cioè affinché possa ottenere ciò che difficilmente si riesce a ottenere in tempi veloci, ma che spesso accade di non ottenere mai.
(Quando la gatta saltella, sicuramente comincia a piovere)
Ci troviamo di fronte ad una osservazione del tempo da parte del contadino.
Si suol dire anche ” Quannu a iatta si lava a facci vol diri ca chiuovi” (quando la gatta si lava la faccia, è segno che piove)
(Fare la battola come le campane delle tenebre – del Venerdì Santo)
La parola trebbini non trova un corrispondente nel vocabolario siciliano ma nel ferlese antico voleva indicare buio, tenebre, notte; per dire che per tradizione a Ferla la Settimana Santa, le campane, dal venerdì precedente la Pasqua, sono cupe, non rumorose, in segno di lutto. Vale anche per suono sgangherato. Fare a troccula (strumento in legno che tenuto dal manico e con la rotazione del polso muovendosi sbatte le sue facce una all’altra emettendo appunto un suono sgangherato, e per tradizione si fa suonare per le strade del paese di Ferla la sera del Venerdì Santo) si dice di persona che per artrite si muove dondolandosi e barcollando, come se avesse le ossa slegate e rumoreggianti. Anche una vecchia sedia in legno emette un simile rumore quando ci si siede.
(Chi paga prima mangia pesce puzzolente)
Altrove invece di dire Primma dicono Avanti. Alcuni al posto di Paca dicono Paia. Questo è un detto comune in tanti posti.
Sta a significare che quando si paga prima di ricevere l’oggetto acquistato, tante volte si ha una fregatura. Oggi succede spesso negli acquisti on-line di essere preda di raggiri.
(Cecco l’orbo con Tabacco)
Rivolto a due persone della stessa specie, detto sia in senso buono che in tono di disprezzo.
Trova riscontro nei proverbi latini: “Asinus asinum fricat e Eiusdem furfuris.”
Rivolto anche a due che fanno le stesse cose giuste o sbagliate che siano quasi a copiarsi.
(Ridursi a tre ore e tre quarti)
Ridursi alla miseria, non solamente economica, ma anche morale e sociale.
Per tre ore e tre quarti si intende la linea orizzontale che ipoteticamente collega il numero 3 al numero 9 di un orologio. Quindi allude a chi si riduce al lastrico.
(La gallina che cammina riporta a casa il gozzo pieno)
Per il Mortillaro, si allude alla persona che si alza da tavola con lo stomaco pieno.
A Ferla e in altri posti si dà una diversa interpretazione e cioè che solo il poltrone non riesce a portare a casa qualcosa, ma chi ha buona volontà, e cerca, riesce sempre a trovare di che vivere.
Il Pitrè scriveva: “Gaddina chi camina s’arricogghi cu la vozza china”
Il Rapisarda: “Resta mortu di fami, e sempri pena l’omu ca non travagghia, e non camina”
(La goccia continua buca il calderone)
Corrisponde al proverbio latino “gutta cavat lapidem”, e sta a significare che ogni cosa si ottiene con la costanza e la perseveranza.
Si conoscono altre varianti di questo proverbio fra le quali: “Lu cuntinuu poi ammazza lu vermi” (Il continuo poi ammazza il verme) o “U cuntinuu rruppi a maramma” (il continuo rompe la pietra).
(Il ferro si lavora mentre è caldo)
Nel compiere una certa azione non si deve frapporre tempo, altrimenti si perde l’entusiasmo e sicuramente l’occasione.
E’ noto che il fabbro per forgiare il ferro deve batterlo sull’incudine al momento giusto, cioè quando è rovente.
(Bollire ad una persona il pollino)
Non stare nei propri panni per la fretta o per la preoccupazione. Con altri termini: essere sulle spine.
Capuana si esprime così in una delle sue “Nuove paesane” : ” D’allora in poi il cavaliere non era più stato nei panni”
Più semplicemente “Avere fretta”
(Vesti elegante un forcone che lo puoi scambiare per barone)
Facilmente si può scambiare per una persona distinta un rozzo a cui si son fatti indossare abiti eleganti. A volte l’apparenza inganna, per cui una persona bisogna conoscerla.
Il Bertola De Giorgi ci insegna: “Tu che base del tuo merto veste splendida sol fai,taci ognor, se no scoverto come l’asino sarai.”
Proverbio parallelo a questo è: “L’Abito non fa il Monaco”
(ogni tipo di legno – bruciato – emette un particolare fumo)
Ogni persona ha una propria personalità e quindi un proprio comportamento.
A tal proposito l’Abate Santo Rasarda in una sua canzone: “Gran mali fa cui un ‘cumpatisci un omu, tutti di vizzi facemu un cunzumu” (Gran male fa chi non prova pietà per l’uomo, tutti facciamo consumo dei vizi)
E’ sbagliato fare paragoni fra due persone, in quanto ognuno di noi ha la sua vita e le sue esigenze, ognuno ha il suo carattere e ne consegue anche un comportamento, irripetibile, così come ogni legno ha il suo fumo.
(Chi guarda, chi ha invidia – perchè ha poco -, chi non ha niente)
Ci si riferisce alle condizioni delle persone nella società: chi sta a guardare senza far niente per la troppa ricchezza; chi guadagna poco e guarda con gelosia quelli che guadagnano di più; chi addirittura non guadagna, non ha un lavoro e non ha di che sfamarsi. Qualcuno al posto di chi talìa dice chi manìa per dire che ha molto maneggio di denaro.
Petrarca canta: “Nel mondo sua ventura ha ciascun dal dì che nasce…..” e guai se non fosse così.
(Tutto ciò che si lascia si perde)
Il proverbio affonda le sue radici nel celebre detto oraziano: “carpe diem”
Garcia Lorca, nella poesia che ha per titolo “Veleta” cioè “banderuola”, nel modo seguente ci presenta lo stesso concetto:
“Las cosas que se van no vuelven nunca”
Di contro se è vero che ogni lasciata è persa, è anche vero che la vita è fatta di scelte. Occorre compierle al meglio per non voltarsi indietro.
(Chi fa cento e non fa l’uno, perde il cento e anche l’uno)
Chi si è prodigato per un altro facendo cento cortesie e alla fine non è nella materiale possibilità di fare l’ultimo favore, perde tutto quello che aveva fatto prima. Vale a dire che l’altro non tiene più conto della passata generosità e interrompe l’amicizia.
Altri intendono questo proverbio come: chi, anche per poco, non porta a termine un compito che si era prefisso, anche se oramai era quasi giunto allo scopo, tutto quello che aveva fatto prima non conta niente.
(Con la persona corretta-diritta-non occorre fare patti; con la persona ingiusta non vale alcun contratto)
La parola di una persona corretta non ha bisogno di alcun contratto, mentre quella di una persona poco affidabile non è mantenuta nemmeno se scritta in un contratto regolarmente stipulato.
C’è chi per “drittu” pensa ad una persona furba, quindi la prima parte del proverbio potrebbe intendersi come: “Con la persona furba non fare patti;…….”
(Fargli polvere)
Si dice di una persona tanto sicura di sé al punto da considerare polvere tutti gli altri.
Si può intendere anche che la polvere vien sollevata dai suoi testicoli striscianti per terra; bestiale considerazione la quale suppone che in quell’organo sia concentrata tutta l’intelligenza e la furbizia di quel determinato individuo.
Suol dirsi anche di una “persona con gli attributi”
(Chi è nato rotondo non può morire quadrato)
Una persona che per tutta la vita ha mantenuto un tipo di comportamento, continuerà sempre a comportarsi alla stessa maniera. Ognuno segue le proprie inclinazioni, ammonisce Virgilio: “Trahit sua quemque voluptas”, e sarebbe difficile o impossibile poterle mutare pur con tanta buona volontà.
A tal proposito scultoreo è il parere del filosofo Khan: “Le montagne possono essere trasformate, l’oceano può esser attraversato, ci si può far strada nell’aria ma è impossibile trovare una via in cui poter lavorare con una persona di carattere duro, ostinata nelle proprie idee e nel suo punto di vista riguardo alla vita”
A chi di noi non è capitato di avere a che fare con una persona avente questo carattere…..alla fine è meglio lasciar perdere, si andrebbe a cozzare contro un muro.
(Pigliare la gatta nel sacco)
Andare alla cieca. E’ chiaro che l’agire in tal maniera produce anche effetti negativi.
Boccaccio diceva: “perché, se tu e gli altri, che le gatte in sacco andate comprando, spesse volte rimanete ingannati, niuno meravigliar se ne dee.”
In altri luoghi lo accostano a “prendere in flagrante” o a “prendere con le mani nel sacco”
(Chi si confronta con i più grandi appende i vestiti in un brutto posto)
Che un giovane debba avere autonomia decisionale nelle cose, è giusto, proprio per l’apporto delle sue nuove idee; ma che poi disdegni e, molto peggio, disprezzi il contributo di pensiero dei più anziani, è errore grossolano. Da un raffronto con costoro ne uscirebbe sempre sconfitto perché privo di quella pacatezza, frutto di lunga esperienza maturata con gli anni. Continue reading »
(Avere tanta uva appesa)
Avere tante gatte da pelare, trovarsi nei guai; non necessariamente finanziari, ma anche familiari.
Altrove il detto è strutturato in maniera diversa:
“haju tanta di racina appisa, ca mi cadi lu tettu di la casa” (Pitrè)
(ho tanta uva appesa, che mi cade il tetto della casa)
Voglio presentare questo libro “Sicilia Popolare – 500 proverbi e modi di dire siciliani” una raccolta di proverbi e modi di dire più in uso nel siracusano, scritto da mio padre Giuseppe e pubblicato da Emanuele Romeo editore nel 1995.
E’ bene dire che nel proverbio si sintetizzano esperienze maturate la maggior parte in tempi ora alquanto lontani, ora più prossimi a noi. Poiché le stesse esperienze si possono maturare in posti diversi, in tempi diversi e alquanto lontani fra loro, è possibile che lo stesso proverbio può essere formulato in maniera differente fra luoghi e luoghi.
Ricordo che mi chiese qualche tempo prima della pubblicazione di arricchirlo con qualche illustrazione, che feci, riportando quasi alla lettera quanto scritto, sottoforma di schizzi e fumetti. Cercherò di proporvene alcuni di questi con le relative didascalie, traduzioni e spiegazioni tali e quali al libro, inserendoli nella sezione articoli, e solo il disegno di alcuni di loro, anche nella specifica sezione “Proverbi”.
Paolo
Nel mio borsello : una stilografica con cartuccia usa e getta color marrone e una stilografica con cartuccia nera, un pennello con serbatoio d’acqua, blocchetto per schizzi di grammatura minimo 90g. e un raccoglitore per fogli A5 .
Riguardo le gocce d’acqua che potrebbero fuoriuscire in borsa, il pennellino lo puoi mettere in una scatolina portapenne anche pieno fino all’orlo, e se ti porti dietro una bottiglietta d’acqua puoi bere tu e far “bere” il pennellino ( ma va bene se sei in giro qualsiasi fontana o rubinetto d’acqua). Continue reading »
La Stoccata: dall’idea all’opera finita.
Di questo quadro non voglio raccontare la parte tecnica, cioè quella riguardante materiali, dal supporto, alla sua imprimitura, ai colori e alle mescolanze, ai vari pennelli, ai medium, ai chiaroscuri, alle prospettive e quant’altro al riguardo ma voglio “raccontarvi” la parte “estetica”, come ho creato e sognato ad occhi aperti, come ho elaborato nella mia mente e messo sul supporto, dallo scoccare della scintilla dell’idea alla costruzione, dalla composizione al lavoro finito, quindi dall’inizio del sogno fino al risveglio. Continue reading »